PROLOGO: Kenyon Square, 1390 Kenyon Street, NW Washington, D.C

 

Chi dice che il crimine non paga?

Gli invidiosi.

Forse uno stipendio da senatore ti permette di comprare una bella casa, qui nel cuore della politica globale. Ma un loft da $600.000 è un altro viaggiare. Soprattutto se si tratta della seconda casa, e se è stato tutto pagato rigorosamente in contanti e intestato ad una società di comodo.

Rex Carpenter, repubblicano fedele alla causa del partito e a quella del Maggia. Servitore dei soli propri interessi.

Il suo nome spuntava a caratteri cubitali dal database fornitoci dal fu Raymond Mayfield. Questo caporione del Maggia aveva raccolto una manna di informazioni da potere usare ad alzo zero sui suoi ‘colleghi’ per ascendere alla cima della piramide prima di avere i capelli bianchi. Purtroppo per lui, i suoi superiori non avevano gradito quest’iniziativa. A me andava benissimo, mi sono risparmiato anni di ricerche a vuoto e ho liberato il mondo da un altro topo di fogna. Senza offesa per i topi.

Carpenter era un infiltrato di peso nel Grand Old Party. Aveva dirottato ingenti fondi neri del partito verso le casse del Maggia. Aveva difeso (in cambio di lauta percentuale) gli interessi dei mercanti d’armi che vendevano ai più spietati nemici dell’America. Almeno due o tre importanti signori della droga gli dovevano la libertà. Il tutto riuscendo a mostrare un sorriso smagliante ai suoi elettori e a sfrondare i rami secchi della malavita spacciandosi per difensore della legge.

Le chiacchiere sul buon Rex circolavano, naturalmente, ma pare che i giornalisti che riuscivano ad avvicinarsi troppo alla verità avessero poi la brutta abitudine di prendersi un raffreddore russo. E i colleghi del Senato evitavano di andare oltre le chiacchiere. Fra anime sporche, ci s’intende.

Avevo passato tre settimane ad osservare ogni spostamento di Rex Carpenter. Sapevo cosa mangiava e dove, quante volte andava in bagno, quante erano le sue donne e gli orari in cui se le portava a letto. Era uno furbo, non lo avevo mai visto parlare vis-a-vis con qualche criminale. Se non avessi saputo che c’era lui al centro della mela, avrei passato mesi ad eliminare feccia di second’ordine senza fare molto più che intaccare i margini del sistema. Non mi dispiace il mio lavoro, sia chiaro, ma voglio che serva a qualcosa.

Ma il Maggia è un mostro a molte teste. Inutile credere che eliminando Carpenter e basta avrei causato un danno permanente alla più potente organizzazione criminale degli US e A. No, prima dovevo scovare qualche segreto di famiglia abbastanza succoso, o almeno provarci. Carpenter non era il tipo da tenere in casa files scottanti, ma sicuramente qui, al sicuro da occhi indiscreti, riceveva persone molto interessanti e ci si passava documenti altrettanto interessanti. Avevo solo bisogno di avere occhi e orecchie per registrare il tutto. Al Senatore ci avrei pensato dopo, con calma.

Non mi ero limitato agli appostamenti, in queste tre settimane. Microchip aveva lavorato sodo per darmi un’identità soddisfacente a diventare il nuovo uomo delle pulizie del Senatore -il precedente aveva sofferto di uno sgradevole caso di incidente d’auto con frattura delle gambe.

Stasera era il momento. Era il peggiore fine settimana da diversi anni a questa parte, la tempesta perfetta. La città era avvolta da un manto bianco, il traffico inesistente, e lui era bloccato nella sua baita a Rock Creek Park. Avevo tutta la notte per trasformare il suo nido in un osservatorio. Ci sarebbe voluto molto meno.

Porta a serratura elettronica con lettore di badge, combinazione e lettore di impronte digitali.

Passo la tessera fornita da Microchip. Un attimo e voilà, luce verde. La porta si apre con uno scatto delicato. Il ragazzo è in gamba.

Entro. Chiudo la porta. Dal carrello estraggo il visore notturno. Niente luci che si possano vedere dalla strada: ci sono almeno due ronde di polizia pagate da Carpenter che vigilano scrupolosamente col bello e cattivo tempo… Ma ora, al lavoro. Prendo la valigetta con il kit e*

Le luci si accendono! Per un momento, rimango accecato dal mio stesso visore. Faccio solo in tempo a sentire una voce flautata in falsetto dire “♥Tesoooooro!♥ Sei tornato a casa!!”

E so chi è.

Purtroppo.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 15 - Deadpoolitics

Di Valerio Pastore (victorsalisgrave@yahoo.it)

 

 

Sono ancora semiaccecato, quando il suo calcio mi fa volare dalla finestra. Non mi preoccupa più di tanto: avevo studiato a dovere ogni centimetro di questo posto, dentro E fuori. So come girarmi e raccogliermi per attutire al massimo l’impatto con la*

Mi schianto contro il tettuccio dell’autopattuglia. Il costume di fibra di vibranio e kevlar assorbe  il peggio del colpo, ma fa comunque male. Riapro gli occhi in tempo per vedere la figura in rosso, grigio e nero di Deadpool piombarmi addosso impugnando due specie di spade. “Sai, volevo farti la sheperd’s pie che ti piace tanto, ma avevo finito le budella! Prestami le tue!”

Colpo di reni. Rotolò all’indietro e da lì a terra. Le lame di Deadpool si piantano in quanto rimane del tetto. Uno dei poliziotti urla. Con la fortuna che ho, daranno la colpa a me.

“E smettila di agitarti così, odio le persone timide al primo appuntamento!” Per quel pazzo, parlare ed agire sono una sola cosa. Non ha finito la frase, che si è ripreso una delle spade e mi sta venendo addosso. “E poi dovresti essere il partner passivo.”

La lama passa ad un soffio dal mio collo. Il mio calcio incontra la sua mascella, e la forza dell’impatto spezza il suo collo, piegando la testa ad un angolo innaturale. Non piangerò per lui, ora devo solo andarmene, ma prima…

Un pulsante nascosto nella cintura attiva il telecomando, e la valigetta con tutto il kit rimasti da Carpenter si trasforma in irrintracciabile ferraglia. ‘Chip non finirà più di lagnarsi…

“Fermo dove sei!” Il secondo poliziotto è appoggiato ai resti del tettuccio e mi sta puntando addosso la pistola. L’idiota non ha la minima speranza, ma ha fegato. “Ti dichiaro in ar*” il colpo di pistola trapassa il finestrino e lo centra al ventre. Grosso calibro, lo sbatte via come il calcio di uno stallone. Il suo sangue disegna un arco netto contro i fiocchi di neve.

Deadpool si sta alzando in piedi. La testa riprende la sua posizione naturale con una serie di schiocchi secchi. “’empre ‘a ma’ella…” Borbotta, e poi mi svuota addosso l’intero caricatore. La sua arma fa un casino che riesce persino a sovrastare quanto sta dicendo sulla sua mascella. La sua arma è potente, ma lui è lento: riesco a sottrarmi alla sua mira un attimo prima che mi spari. Poi sento il familiare suono del cane che pesta a vuoto. Estraggo la mia pistola…

Ma perché lui se ne sta lì impalato? Non che mi importi, mi basta che sia un facile bersaglio.

Poi lui fa una cosa inaspettata: fa ‘no-no’ con il dito. Poi, con lo stesso, punta a qualcosa ai miei piedi…

Scopro di essere nel bel mezzo di una grossa X. Deadpool fischietta. Indica in alto.

Nonci&%$£credo! Devo dare fondo ai miei riflessi, per non finire travolto da un %&£$ di pianoforte. Con il casino che fa, andando in mille pezzi, credo che ci abbiano sentito fino in Iraq. Qui fra poco sarà pieno di agenti. E la pistola mi è scivolata di mano

I proiettili mi tempestano il costume. Sarò pieno di lividi, domani.

“Volevo fare quel trucco con Wolverine, ma lui non ha orecchio musicale. Che ne dici, finiamo la festa col botto?” estrae una granata. Ho una sola possibilità. Salto verso la mia pistola.

Deadpool lancia la granata.

Sparo. Quella esplode abbastanza vicino al bastardo da farlo volare all’indietro, in fiamme. E prima che possa toccare terra, un furgone nero lo investe in pieno, mandandolo a rotolare via per un buon venti metri. Ammesso che sopravviva a tutte quelle fratture, non potrà rialzarsi svelto come prima.

Il portello laterale si apre. Dal finestrino, Microchip urla, “Meglio che ti muovi, dai!”

Non me lo faccio ripetere. Chiudo il portello sul suono delle sirene in avvicinamento. “Passagli sopra!” ringhio. Il ragazzo non ha bisogno di farselo ripetere. Sgomma, sbanda per un momento, ma va dritto sopra il corpo in rosso e nero. Con le gomme speciali, mordiamo la neve con facilità e seminiamo presto le autopattuglie.

“Fammi indovinare, hai toppato pesante eh?”

“Odio i super.”

“Scusami, Puni, ma non immaginavo che Rex avesse un simile cane da guardia.”

“Ti credo. E neppure io, se è per questo: quindi i casi sono due, o quel farabutto ha il dono della preveggenza…”

“O sapeva che saresti venuto comunque,” concluse ‘Chip.

“Già,”. Sapevo che dal momento in cui avevo preso Mayfield in un tribunale, sotto gli occhi della legge e delle talpe del Maggia, era una questione di tempo prima che si riorganizzassero per rendere inutili le sue conoscenze. Contavo sul fatto che Carpenter si sentisse al sicuro, troppo protetto dalla sua posizione per dovere sparire, e i suoi conti erano già ben custoditi. Invece aveva capito che proprio per la sua posizione sarebbe finito in cima alla mia lista. Aveva comprato il suo bravo cagnolino linguacciuto e aveva aspettato. L’unica esca era proprio una giornata come questa… “Ho agito da principiante, maledizione. A volte dimentico che ci sono politici furbi, a DC.”

 

C’è una cosa buona nella crisi immobiliare: nessun problema a reperire una base temporanea di lusso.

Questo isolato di periferia ospitava famiglie medio-borghesi che si erano date alle manie di grandezza a colpi di mutui facili. Gli interessi erano stati letali come i colpi di pistola che alcuni degli ‘uomini di casa’ si erano sparati per sfuggire alla vergogna di non potere neppure arrivare alla terza settimana del mese.

La casa dove ci troviamo ora in particolare è stata teatro di un omicidio-suicidio spettacolare, da gran guignol. Il cartello ‘vendesi’ tanto varrebbe che esponesse la scritta ‘regalasi’. Peggio che andare ad abitare al tredicesimo piano.

Un'altra ragione che rende Chip molto prezioso è la sua capacità di hackerare come se per lui i sistemi informatici più complessi fossero terreno di gioco. Grazie a lui, posso rifornire questo posto di acqua corrente ed energia senza insospettire i fornitori. Non sarebbe divertente essere presi per non avere pagato la bolletta. “Come mai non sei al lavoro per la CIA, o l’NSA o l’FBSA?” chiedo, uscendo dalla doccia. Ho una bella collezione di lividi, ma almeno non ho più le ossa incrinate. Forse dovrei considerare un casco. “Ti pagherebbero meglio e non saresti in prima linea.”

Dal salotto, in mezzo ad una confusione di portatili e cibo-spazzatura, lui mi risponde, “Nah, ma lo immagini che frustrazione? Certo, giocherei con della roba da sbavare, ma tutto quello che farebbero delle mie informazioni sarebbe di infilarle in qualche archivio polveroso o di gestirle per chissà quali fini. Oh, e senza contare che comunque avrei parecchie limitazioni a seconda dell’incarico. Con te, il solo limite è la fantasia. E sono un tuo fan, non degli enti governativi. Io i cattivi li voglio vedere sottoterra come qualunque vero americano con le %&$*!”

Finisco di asciugarmi. Indosso il costume. “Per ora, mi accontenterei di trovare un modo di mettere le mani addosso a Rex Carpenter. Cosa dice la Rete?”

“Dice che è ancora alla sua baita. Non vi si è avvicinato neppure un piccione viaggiatore, e dire che a questo punto dovrebbe avere ricevuto la buona notizia del tuo, be’, quello. Non ha ricevuto telefonate, niente di niente.”

Non ho il senso di ragno, ma un campanello inizia a trillare in modo assordante. “Sta aspettando. Ti sei assicurato che Deadpool non potesse seguirci?”

“Se anche avesse piazzato una cimice sotto il furgone, l’avrei captata, credimi!”

“Impacchetta quello che puoi, e in fretta.” Estraggo la pistola. “Immagino che tu non ti sia assicurato di averlo macellato, vero?”

“Ammetto che ero troppo preoccupato a guardare davanti a me, ma so di esserci passato su a tutta birra.” Si muove in modo professionale mentre chiude i laptop e scollega i cavi. Quelli possono restare. “Come potrebbe trovarci—“

Bussano alla porta. Chip sembra improvvisamente un cerbiatto davanti agli abbaglianti. Io sono curioso, più che innervosito: dovrei aspettarmi di tutto da quel bastardo, ma non che si metta a bussare. Del resto, non sono molti quelli che hanno cercato di schiacciarmi sotto un pianoforte…

La casa ha due uscite secondarie. Faccio cenno a Chip di prendere quella che dà sul boschetto, Ormai devo pensare che il furgone, se non tutto il garage, siano stati minati.

Bussano di nuovo. Chip va via. Io vado all’ingresso.

Il videocitofono è stato ritoccato per funzionare continuamente. E non so cosa pensare, alla vista di un moccioso con una divisa da fattorino di ‘Gino’s’ e una scatola fumante nella mano. “Allora, avete ordinato una pizza sì o no?” Bussa di nuovo. Dal suo punto di vista, è comprensibilmente irritato. Scommetto che il proprietario ha ricevuto il pagamento in anticipo con promessa di mancia generosa contro consegna tempestiva…

Scuoto la testa. Sto entrando nel gioco di quello psicopatico! “Posala e smamma!” ringhio al ragazzo, e faccio sentire bene lo scatto della sicurezza. Glock 18 con proiettili a frammentazione. Anche se lui non lo sa, capisce comunque l’antifona. In un’altra occasione, avrei considerata stupida questa mossa, ma presto potrebbe arrivare la polizia, la sola distrazione se le cose si mettono male—

*click*

Appunto! “Non ci posso credere: ci sei cascato davvero!” Mi getto all’indietro nel momento in cui spara. Dieci colpi vanno immediatamente a segno. Deadpool vola all’indietro come un buffo bambolotto. Atterra contro una poltrona, ma con una capriola si rimette rapido in piedi. “Forse erano meglio dei biscotti, eh?” chiede mentre spara. Ci muoviamo per la stanza come due scoiattoli impazziti. In un minuto, le pareti sono diventate gruviera, i mobili carcasse sventrate. L’aria è già satura di resti di calcinacci e materiale sintetico. A terra ci sono più vetri che dopo le torri gemelle.

Trovo tregua dietro ad un angolo. Dietro di me, le scale che portano al primo piano. Troppo esposto per coprirle rapidamente e coprirmi con le sole pistole.

“Arrenditi, Custer!” mi fa lui dal salotto. Per qualche ragione, me lo immagino inginocchiato dietro i resti del divano crivellato. “Lo sai come finì ad Alamo, no?”

“Quello era Crockett!” urlo di rimando, ma solo per coprire lo scatto dell’innesco della granata. Per parafrasare uno dei miei eroi preferiti, ‘Se vuoi trovarti una via di fuga, procedi fino in fondo.’

La lancio con uno scarto di due secondi, e volo verso la scala. Il botto polverizza il salotto dietro di me. La spinta dell’esplosione mi scaraventa su per mezza rampa fino all’ammezzato. C4, figlio di puttana: vediamo come ne esci, ora!

Corro su fino al primo piano, e da lì verso la camera da letto dei fu signori Cartwright. Una camera con una splendida finestra panoramica.

Secondo vantaggio della crisi immobiliare in uno dei peggiori inverni della storia: col cavolo che passa qualcuno a spazzare via regolarmente il manto nevoso sul retro.

Infrango la finestra, e i frammenti sottili mi accompagnano verso uno strato spesso mezzo metro. Il vibranio del costume fa il resto.

Non faccio in tempo a rialzarmi, che odo la sua insopportabile voce! “Che bello! Giochiamo a fare gli angeli! Io faccio quello di neve e tu fai l’angelo e basta!” E lui è lì, con un maledetto lanciagranate!

Faccio un salto in avanti, già sapendo di avere un margine inesistente per sopravvivere a un simile botto…

Ma il grilletto fa solo un suono fesso. OK, qualcuno laggiù mi vuole bene.

“Ma guarda,” fa lui dando un paio di pacche all’arma. “Basta proprio un niente per danneggiarlo. *tsk*, la roba cinese. Ti dispiace se passo a metodi più artigianali, amore?” Ed estrae due katana di tutto rispetto dalle fodere sulla schiena. E balza verso di me.

Non so fino a che punto sia una tattica diversiva, ma tutto quel suo chiacchierare sa tenerti sotto il suo mirino più efficacemente di una rete. Inutile sprecare colpi, mi arriverebbe addosso comunque per pura inerzia, e non credo abbastanza svenuto da mancarmi. Faccio quello che non si aspetta: resto fermo dove sono, proprio come un bell’angelo di neve. Grazie per l’idea, idiota!

E infatti, lui non fa niente per cambiare bersaglio. Mira al petto…e all’ultimo istante afferro le lame!  Kevlar, ti adoro. Contemporaneamente, gli spalanco le braccia e le lame affondano nella neve, mentre lui mi cade addosso a corpo morto.

“Era anche l’ora che ti dessi da fare, cocchino. Ma non ti facevo il tipo passivow! Ow! Ow!” Se lo sento parlare ancora un minuto, giuro che rifaccio un patto con Mefisto solo per liberarmene. Gli colpisco la faccia con la fronte una, due, tre, quattro volte. Sento i suoi denti che si staccano, sento l’odore del sangue. Lui ormai non parla più, mugola. Sento il mio, di sangue, che mi corre dalla fronte lungo la faccia, ma ne è valsa la pena. Ultimo atto: gli afferro la testa e spingo all’indietro il più violentemente possibile. Il suono del suo collo che si spezza è pura musica.

Mi rialzo, spingendo via la carcassa immobile. Penso che dovrei tagliargli la testa, giusto per essere sicuro, ma temo che si metterebbe a recitarmi tutto l’Amleto, dopo…

Il suono della frenata mi ricorda del mio ‘assistente’. Lui non dice niente, ma la sua faccia dice tutto. Non credo che mi abbia visto in simili difficoltà… Anche se ho avuto momenti peggiori. Cammino verso il furgone. Strano che la polizia non sia ancora arrivata, penso remotamente—

Attento!” urla lui…troppo tardi. Faccio solo in tempo a sentire come un tremendo fuoco che invade i miei pensieri, prima di svenire. Taser, maledizione…

 

“Sapete,” disse Deadpool, scuotendo la testa con uno scrocchiar di vertebre. “Questo è stato brutto quasi quanto restare aggrappato al vostro furgone per tutto il viaggio, prima.” Si avvicinò al corpo esanime del Punitore ed estrasse una pistola. “Non ti mettere in mezzo, giovanotto: c’è l’ho solo con lui. Gli affari sono affari, sai. Ma se vorrai vendicarlo, fammi uno squillo che organizziamo un bel funeralino. Per le bare, mi piace l’azzurro: è rilassante. Oh, e offro io.”

“Aspetta!” gridò Microchip.

Il mercenario linguacciuto sospirò. “E ora cosa? Bada, che una protesi al ginocchio potresti ancora guadagnartela.”

Microchip estrasse uno smartphone dalla giacca, e la tirò a Deadpool, che la prese al volo.

“Mi serve per chiamare la sua famiglia? Lo sanno già che sta per raggiungerli.”

 

Quando mi risveglio, sono nel furgone. Mi sento ancora il cervello e i muscoli in gelatina. “’Pool..?” gracido. Chip mi dà da bere. Anche la gola è un deserto. Quanto tempo sono stato giù?”

“Sei stato messo KO ventiquattro ore fa,” mi dice il ragazzo. “E, credimi, non intendo mai più cambiarti la padella. Quanto al nostro amico…” ridacchia. “Ci crederesti? Gli ho fatto un’offerta migliore.”

“Offerta..?”

“’Gli affari sono affari’, aveva detto. Per questo non mi aveva ucciso quando me lo ero trovato fuori dalla porta. Così gli ho dato il telefono azzurro.”

“Il..?” comincio a realizzare. Quasi quasi era meglio se mi sparava. “Ha preso tutto?”

“Tutto il conto offshore con i soldi presi al Maggia. Ha detto che era di mezzo milione superiore a quanto offerto da Rex. Vali molto, capo.”

“Siamo senza un centesimo?”

“Eggià, e non credo che sarebbe una saggia idea hackerare mezzo mondo per rifarci della perdita. O anche i servizi segreti ci saranno addosso. Però posso procuraci quanto basta per finanziare le operazioni di base, insomma, abbiamo comunque una bella lista di nomi, no?”

Grugnisco qualcosa di poco educato. Ormai, i nomi della lista Raymond sono spazzatura, i caporioni del Maggia li avranno già tolti di mezzo. Io lo farei. E ormai Carpenter ha appena guadagnato punti: non mi ha eliminato, ma ha dimostrato di potermi tenere a bada, e non è cosa da poco per una sana reputazione.

Il gioco è solo rimandato, Rex. Io non conduco battaglie, ma una guerra, e intendo vincerla!